L’alimentazione oggi, uno strumento attivo di prevenzione

Quando si sente parlare di alimentazione, non sempre si è in grado di individuare quale messaggio salutistico sia valido e quale non lo sia, questo perché la comunicazione su questo delicato tema, soprattutto in Italia (e non solo), molto spesso viene riservata ai non addetti ai lavori. Siamo invasi da innumerevoli diete e programmi alimentari, dai più particolari e di dubbia scientificità ad altri importanti e ben strutturati.

Anche noi esperti del settore, molto spesso incappiamo in alcune zone d’ombra, da dove è difficile prendere una posizione. Ma chi ha ragione e chi ha torto?

In realtà la risposta molto spesso sta nel mezzo, ed è proprio questa situazione, che ci ha portato a lavorare ad un nuovo (l’ennesimo direte voi) programma alimentare.

Già molti anni fa, si parlava del ruolo che la glicemia riveste nei processi legati all’invecchiamento, introducendo il concetto di AGE (advanced glycation end products) ovvero delle sostanze che tendono a formarsi quando la glicemia sale troppo velocemente, le quali sono co-responsabili (aumentano fino a 50 volte la quantità di radicali liberi) della promozione del processo radicalico-infiammatorio.

Questo processo porta ad uno stato di infiammazione sub-clinica, ovvero uno stato infiammatorio asintomatico che contribuisce al nostro invecchiamento. Questo fenomeno inoltre, va ad accelerare la velocità con cui i telomeri (porzioni cromosomiche indispensabili alla replicazione) si degradano, influenzando di conseguenza la capacità delle cellule di replicarsi.

Ma fu introdotto anche il concetto di nutrigenetica, che timidamente stava entrando nel mondo dell’alimentazione; un modo nuovo di far dialogare il cibo con l’organismo umano. In questa nuova visione, il genotipo è in grado di fornirci delle informazioni utili su quali alimenti prediligere o meno, a seconda del nostro corredo genetico, e nello specifico a seconda dei nostri enzimi e della loro capacità di svolgere i loro compiti in maniera più o meno efficiente.

Ma tutto questo era solo l’inizio…

A distanza di questi anni nasce un nuovo programma alimentare (Diet to remain young) in grado di tener conto non solo di quanto detto sopra, ma di una serie di nuovi parametri che ritengo utili al fine di selezionare la giusta combinazione alimentare. Nello specifico si parla della capacità di un alimento di provocare il rilascio di insulina, che da un primo e istintivo ragionamento, potrebbe far venire in mente un rapporto proporzionale con l’indice glicemico, ma che in realtà non è così. Numerosi alimenti (alcuni esempi potrebbero essere la carne, il pesce, la frutta secca o alcune tipologie di prodotti caseari) che non hanno un indice glicemico elevato, sono in grado di stimolare il rilascio di insulina in maniera più che proporzionale, provocando così momentanei picchi di questo ormone. Tale ormone è in grado di influenzare negativamente altri ormoni importanti del nostro metabolismo, come quello della crescita GH e quelli sessuali. Proprio per quest’ultimi, l’insulina agisce inibendo la produzione di quelle proteine che sono in grado di trasportarli a livello plasmatico.

E’ semplice dedurre come sia doveroso prendere in considerazione tale evento, e a tal proposito ho iniziato a redigere una tabella di attribuzione per l’indice insulinico. Ma non basta, perché l’impatto che il cibo può avere sul nostro invecchiamento è legato anche alla sua capacità di stimolare il rilascio di cortisolo endogeno.

 

Si il cibo può stressare, se è questa la risposta alla vostra domanda

 

Il cortisolo similmente all’insulina, inibisce il GH e influenza gli ormoni sessuali, motivo per abbiamo pensato di realizzare una vera è propria lista di cibi pro-cortisolo e anti-cortisolo.

Naturalmente non ho escluso attributi importanti, come il PRAL e l’ORAC

Ma se tutto questo può sembrare corposo in realtà manca ancora di molti parametri, uno fra tutti la genetica a cui si accennava prima.

L’impatto della genetica e dell’epigenetica oggi ci impone il dovere di considerare non solo il fenotipo ma anche il genotipo. Grazie alla collaborazione con un’azienda svizzera che si occupa di genetica legata ai processi di invecchiamento, è nato un progetto in grado di far dialogare quanto detto sopra con quello che ad oggi è stato scoperto sulla genoma. Un progetto ambizioso che vuole dimostrare come l’alimentazione oggi sia un concetto assolutamente personale.

Prendendo in considerazione la cucina di ben oltre 20 paesi, abbiamo associato ogni alimento alle caratteristiche metaboliche dell’individuo, caratteristiche derivanti da un’attenta analisi del suo DNA, analizzando oltre 3000 geni (ad oggi).

Ma un aspetto innovativo è sicuramente quello legato all’epigenetica, un mondo interessante e in continua evoluzione, che ci fornisce dati sempre più importanti su come modulare la codifica del nostro patrimonio genetico. Anche qui, l’alimentazione riveste un ruolo dominante, motivo in più che ci ha spinto a selezionare quegli alimenti di cui si inizia a conoscere l’impatto epigenetico, ed inserirli opportunamente.

Il cibo è quindi in grado di dialogare costantemente con il nostro DNA, e per la prima volta abbiamo associato l’impatto della dieta su alcuni geni ad oggi ritenuti chiave nei processi di invecchiamento cellulare, come quelli che regolano le Sirtuine; proteine in grado di intervenire a vari livelli sui processi di riparazione del DNA e dei mitocondri.

Se oggi pensiamo che un alimento come (ad esempio) la banana, possa essere idoneo a tutti, commettiamo un errore, per alcuni soggetti potrebbe non esserlo, e questo ce lo dice il suo genoma.

Grazie a questo approccio si è riusciti ad avere la capacità di realizzare miliardi di schemi alimentari, si miliardi, e nello specifico un quantitativo superiore al numero di essere viventi presenti sulla Terra.

Il progetto è in continua evoluzione, cosi come lo è l’alimentazione oggi, uno strumento attivo di prevenzione

 

Buona appetito

Torna alle news